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Martedì, 03 Marzo 2020 11:50

Medico dotto e magnanimo

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Rientrato a Gravina, Eustachio esercita per 22 anni la professione medica, dando prova di speciale competenza, amore verso gl'infermi, crescente abnegazione, impegno diuturno disinteressato, capacità di dialogo e spirito di collaborazione.

Agli inizi, per assicurare ai malati poveri un'assistenza coscienziosa e tempestiva, egli, che pure aveva bisogno di mezzi di sussistenza, rifiuta la nomina di medico condotto, dichiarandosi disponibile solo se tale condotta si fosse resa praticabile dividendo il servizio per rioni.

Svolge anche attività politica, sociale, assistenziale, caritativa. È consigliere comunale, docente e dirigente scolastico, presidente di Opere pie. Durante la sua vita di laico prende a cuore la «questione sociale del Meridione» e sostiene con coraggio gli interessi di poveri e diseredati.

Sull'esempio di Cristo ama gl'indigenti e li soccorre con le proprie sostanze e col ricavato del suo lavoro quotidiano. Non accetta compenso per il suo impegno nelle diverse scuole cittadine, onde favorirne il mantenimento a beneficio della gioventù, e per la direzione e assistenza sanitaria prestata alle Opere gestite dalla Congregazione di carità.

Nel 1892, mentre è in piena attività, il dott. Montemurro, assistendo i suoi pazienti, contrae il tifo. Divenute gravi le sue condizioni, egli fa voto alla Vergine Addolorata che, guarito, risponderà alla chiamata divina al sacerdozio, che da molto tempo avvertiva.

Subito consegue perfetta guarigione, ma, ostacolato dal padre ad attuare la promessa di abbracciare il sacerdozio, ne dilaziona la decisione rimettendosi nel lavoro con maggiore impegno. Tuttavia gli si impone con insistenza il pensiero del voto fatto e l'invito pressante della grazia che lo attrae alla vita clericale. Ne parla allo zio can. Leopoldo, il quale gli consiglia di continuare a servire il Signore nella vita professionale.